Una folta delegazione ( 18 persone ) ha partecipato al secondo viaggio a Sarajevo, questo l’elenco dei partecipanti: Eleonora Ardizzi, Maurizio Ferrari, Milena Rubbi, Magda Mengoli, Fausto Fracca, Anna Rita Silvestri, Corrado Fini, Maurizio Bua, Valentina e Mauro Bergami, Francesca Strazzari, Paola Campagna, Claudia Sermasi, Don Paolo Manni, Matteo Poli, Claudio Fonsati, Jacopo Zacchiroli e Piero Parenti.

Sarajevo – Foto di gruppo con don Ante Mestrovic sulla scalinata della cattedrale cattolica

Durante il viaggio di andata una sosta in Slovenia lungo l’autostrada per un momento di preghiera per ricordare Papa Giovanni Paolo II del quale si stavano tenendo le esequie sul sagrato di San Pietro.

L’accoglienza è stata squisita ( ma di questo non c’era da dubitarne ), abbiamo trascorso momenti molto belli con Monsignor Sudar e Don Ante. La parte più interessante è stata la conferenza che Monsignor Sudar ci ha fatto sulla situazione bosniaca e della quale riporto le frasi più significative

….da 10 anni poco è cambiato, siamo usciti da una guerra tentando con l’appoggio della comunità internazionale di stabilire anzitutto la pace e poi di cambiare la situazione politica. A causa della guerra sono stati cacciati dalle proprie case il 64% di tutta la popolazione del paese: questo ha fatto esplodere l’odio e la diffidenza così che anche dopo la guerra l’odio è continuato con altri mezzi. La fiducia in un futuro migliore è molto scarsa, più della metà dei giovani vuole emigrare in quanto non vede alcuna prospettiva futura nel paese. Ciò che fa paura è la convinzione che la spaccatura del paese in 2 stati quasi indipendenti è ciò che volevano gli artefici della guerra.

……in questi giorni ho fatto la visita pastorale in alcune nostre parrocchie della diocesi, è triste vedere vecchi che hanno avuto il coraggio di tornare  in paesi che ancora non hanno acqua e la luce elettrica. Loro sono tornati perché non li vuole nessuno, da nessuna parte sono benvenuti, si vede la tristezza e il dramma nei loro occhi.

…..in questa situazione è molto difficile diffondere la Buona Novella perché noi predichiamo il Vangelo ma il Vangelo deve in qualche modo realizzarsi in questa terra. La Chiesa è chiamata a dare piccoli segni visibili della propria testimonianza, del tentativo di far guarire le anime.

….la Bosnia, e più in generale anche i Balcani,  è una immagine ma anche una prova per l’Europa: immagine perchè noi qui siamo un piccolo purtroppo e non per adesso riuscito laboratorio della convivenza delle diverse componenti della civiltà di oggi. In Bosnia e nei Balcani si incontrano i mondi che oggi tendono allo scontro, cioè quella che chiamiamo la civiltà occidentale e quella islamica. Oggi certamente dobbiamo fare un nuovo tentativo, i mussulmani bosniaci sono stati veramente tolleranti prima della guerra e molto disponibili alla convivenza e al dialogo, però la guerra è stata loro presentata come un complotto dell’occidente contro di loro.

….sappiamo che la giustizia umana non esiste. Però la giustizia come ideale a cui tendere deve esserci perché altrimenti il mondo non può sopravvivere e qui in Bosnia la giustizia è stata negata, però se ci fossero i momenti che ci facciano vedere che la giustizia è la meta a cui tendiamo,  a cui ci è permesso di andare penso che ancora c’è la disponibilità e la voglia di costruire un paese multietnico, in paese in cui le diverse culture e religioni possono vivere rispettando i diritti umani.

….ogni iniziativa, ogni incoraggiamento che ci viene da coloro che sono spinti da ideali, sia quelli meramente umani sia quelli che sono nutriti dalla Fede, è bene accetta. Noi abbiamo bisogno di queste iniziative e di questo incoraggiamento, noi abbiamo bisogno della vostra simpatia : in questo senso sono grato a questo vostro impegno con cui cercate di portare avanti questa amicizia legata al progetto delle nostre scuole multietniche, le Scuole per l’Europa.

Grazie Mons. Sudar, siamo noi ad esserLe grati e a ringraziare nostro Signore per averci dato l’opportunità di averLa incontrata sul comune cammino della Fede che ci unisce come fratelli in Cristo.